domenica 26 agosto 2018

M. Cotento da Filettino, un compleanno tra amici

Data: 25/08/18
Regione e provincia: Lazio (FR)
Località di partenza: Filettino ( 1070m )
Località di arrivo: Monte Cornacchia (2015 m)
Tempo di percorrenza: 6:30 ore circa 
Chilometri: 18 circa
Grado di difficoltà: EE
Segnaletica: Bianco Rossa.
Cartografia: Monti Simbruini ed. il Lupo
Dislivello in salita: 1200 m circa considerando andata e ritorno
Accesso stradale: Da Filettino paese


Il difficile è stato trovare l'inizio del sentiero. Le indicazioni sul libricino allegato alla carta escursionistica non sono state per me molto chiare. Alla fine, per non sbagliare, il sentiero parte proprio dalla cona di San Bernardino, facilmente raggiungibile tramite indicazioni stradali. Il resto del percorso è ben segnato ed impossibile da sbagliare seguendo gli svariati paletti con indicazioni posti dall'ente parco (o dal CAI). Unica attenzione da porre è, sulla via del ritorno, non prendere il sentiero che porta a Fiumata, pena dover farsi una bella scarpinata su asfalto fino a Filettino. Per raggiungere il M. Cotento, in questo percorso, si utilizzano più sentieri quindi inizialmente non sarà segnalato esplicitamente ma basta seguire i segnavia per Campo Staffi e poi, per il Cotento stesso, quando manca circa un'ora all'arrivo. La strada da fare è parecchia ma, volendo, si può dimezzare raggiungendo Campo Staffi, avendo provveduto preventivamente a lasciarci un mezzo per il ritorno oppure approfittando del servizio pubblico (Cotral).

Il Monte Cotento, il più alto dei Monti Simbruini, l'ho sempre snobbato. La sua vicinanza a Campo Staffi e il fatto che spesso l'ho visto sullo sfondo degli estivi e orribili impianti sciistici, non lo hanno mai messo al centro dei miei interessi escursionistici. Anche la sua forma non lo aiuta, poverino, lo fa assomigliare ad un panettone e non ci sarebbe niente di male se non differisse così tanto dalle slanciate ed affilate cime che lo circondano. Però Lui sta lì, prepotentemente sempre visibile e, anche se snobbato, si mostra da ogni angolo a ricordare la sua esistenza. E' così che decido di andare a fargli visita, un po' perché mancava all'elenco ed un po' perché sta lì, sempre a ricordarlo.
La salita da Campo Staffi è subito scartata, equivarrebbe a togliersi un dente e verrebbe meno l'idea di passare una una mattinata serena di cammino. Da Filettino invece il percorso è interessante, lungo ed appagante, almeno così viene descritto. In realtà l'idea di camminare per ore nel bosco non è per me la più gradita ma presto mi ricredo. Abeti, poi faggi, d'un tratto sembra di ritrovarmi a guardare delle diapositive dietro ad un proiettore. In successione cadenzata si aprono squarci panoramici sempre diversi, sempre stupendi ed i tratti coperti non sono nient'altro che quell'istante che trascorre tra un "clack" e l'altro nella macchina del proiettore. Il tempo sta passando senza neanche accorgermene e d'un tratto esco totalmente da bosco. 
Il Cotento appare dopo poco, proprio nella sua forma classica che continua a ricordarmi il tipico dolce natalizio, mi viene un sorriso a pensarci. Fin'ora son salito senza la minima fatica, quasi senza sudare. Quest'escursione assomiglia sempre più ad una passeggiata, di quelle che si fanno la sera con gli amici, piacevole, spensierata ed appagante, proprio come nella descrizione.
Nella mia mente il Cotento inizia a cambiare forma, sta diventando una bella montagna. Anche il vento, che di solito apprezzo poco, oggi non è fastidioso. 
Arrivo in cima ed allora tutto cambia.Il panettone non è più tale, è diventato piuttosto una torta e salirci non è stato altro che avergli aggiunto quella ciliegina che gli mancava. Mi accorgo in un attimo che c'è qualcosa di ironico, quasi magico in questa giornata. Inizio allora a pensare che il vento, oggi, ha un compito nel completare il quadro, sta li a soffiare sulle candeline dei miei 38 anni di vita passati. Sembra quasi una festa quando, spostando lo sguardo, tutt'intorno, vedo i vecchi amici, che stanno lì, pronti al brindisi. 
Il Viglio con il suo Gendarme, che più di un protettore ricorda il figlioletto dispettoso che non ha ancora superato il complesso di Edipo e sta sempre attaccato alla madre. Il Tarino, la sorella, quasi coetanea, che bisogna star attenti a trattare perché, proprio come il monte che è riserva integrale, se la stuzzichi troppo prima o poi te la fa pagare. Tra i due vedo il Crepacuore, caro amico che però ha litigato con l'altro di amico, l'Autore. Presenti alla festa ma distanti tra loro. Infine, un po' più lontano, gli austeri Velino e Cafornia che come due genitori, anche se da tempo ti hanno lasciato andare, stanno sempre lì, a buttare un'occhio su quello che combini, sempre pronti in caso di bisogno. 
Insomma,ci sono tutti, tutti insieme a testimonianza degli anni passati, quasi pronti con il bicchiere in mano per un'altro brindisi.
Poi lo sguardo volge oltre, più lontano, dove si vedono altri luoghi, altri monti dai nomi a me sconosciuti. Anch'essi sono lì per ricordarti che, come per la vita, c'è ancora tanto da fare, da vedere, da camminare e da conoscere.
E' tempo di scendere, saluto tutti che domani c'è un'altra festa, bisogna festeggiare l'inizio del nuovo anno di vita. Questa volta con una compagnia più goliardica, rumorosa e dozzinale, perché in fin dei conti, dentro, mi sento sempre bambino.









giovedì 16 agosto 2018

Francesco Innocenzi, poeta e gestore

Scendendo da Camerata Vecchia arrivai al fontanile di Camerata Nuova, pronto a togliermi lo zaino per far rifornimento d'acqua. Erano circa le 8 di mattina ed appoggiato al fontanile trovai un signore, capelli grigi e lunghi fino al collo, che seguiva i miei passi con lo sguardo. La sensazione che stesse per rivolgermi qualche parola fu presto rivelata corretta.
<< Di solito a quest'ora la gente sale in montagna, tu già scendi? >> 
Non sapevo se era il caso di rispondergli dicendogli la verità, che avevo dormito a Camerata Vecchia ma qualcosa dovevo pur dirgli visto che nel bene o nel male mi dovevo fermare a quel fontanile. 
La FERVES di Franco
Decisi di fidarmi e raccontargli da dove venivo. Il mio stupore fu la sua reazione. Quella di colui che ha trovato ciò che a lungo cercava. Mi invitò a seguirlo in quello che definiva il suo campo base, dove aveva bagno lavandino e tutto il necessario per rifocillarmi. Sinceramente un po' di titubanza la avevo e stavo per declinare l'offerta ma quando indicò una jeep, che sembrava provenire dal secolo passato, come mezzo per raggiungere il luogo, mi son fatto convincere come un bambino con le caramelle. In realtà non ho capito perché il viaggio su quel mezzo, visto che avremmo fatto cinquanta metri si e no, però è stato divertente. Valicato il cancello mi ritrovo in quella che sembra una villetta con tanto giardino intorno. Continuavo ancora a non capire bene cosa mi stesse offrendo ma decisi di continuare a seguirlo. 
Questa volta lo stupore fu assoluto. Grazie ad un'associazione ambientalista, ANTA, ha messo su uno spazio dedicato agli escursionisti, di qui la definizione di campo base, dove c'è la possibilità di piazzare tende ed utilizzare una cucina e dei bagni. Addirittura il frigo contiene bevande fresche che possono essere consumate a piacimento, con l'educazione di lasciar qualche spiccio nell'apposito cesto delle offerte. Il posto è incantevole e lui personalmente lo cura. Francesco Innocenzi, Franco come si fa chiamare, è un personaggio amante della montagna e delle sue tradizioni. Pensionato, ha fatto ritorno al suo paese natale, Camerata Nuova, dove ora si occupa di questo. In realtà la sua principale vocazione è quella di comporre strofe, difatti ha nel suo repertorio più di duecento poesie, alcune delle quali non esiterà a recitarvi. Racconta di tradizioni e di montagna ma non disdegna qualche frecciata all'amministrazione locale e statale. Nel piccolo paese tutti lo conoscono ed anche nel cimitero appare qualche sua opera, in ricordo magari di vecchi amici che l'hanno preceduto.
Abbiamo passato insieme la mattinata, chiacchierando di montagna ed attualità e nel momento di congedarmi mi sembrava quasi di dover salutare un vecchio amico. Lui sta lì, vicino al fontanile dove partono i sentieri a Camerata Nuova pronto a catturare qualche escursionista di passaggio per presentargli quella che è una grande iniziativa e sua grandissima passione. Nel caso vi trovaste da quelle parti non esitate a passarci, non è del tempo sprecato e fatevi recitare la poesia della casetta dell'acqua frizzante. 
Mi ha autorizzato a lasciare i suoi recapiti, cosa che faccio volentieri
Francesco Innocenzi 3664290739 lamontagnaepoesia@gmail.com


Quadro dell'incendio di Camerata Vecchia









lunedì 13 agosto 2018

Sentiero Coleman da Vallepietra a Camerata Nuova

Data: 10-11/08/18
Regione e provincia: Lazio (RM)
Località di partenza: Vallepietra
Località di arrivo: Camerata Nuova
Tempo di percorrenza: 8 ore circa 
Chilometri: 20 circa
Grado di difficoltà: E
Segnaletica:Bianco Rossa.
Cartografia: M. Simbruini edizioni Il Lupo.
Dislivello in salita: 1100 m circa


Sveglia alle sei di mattina, risposato e fresco. Le gambe un po' legate ma niente che un po' di marcia non possa sciogliere. Lo zaino sembra più leggero ma è solo una sensazione. Fatta colazione son pronto a partire in direzione Santissima Trinità e monte Autore, prima,per proseguire verso camposecco e Camerata Nuova poi. La giornata inizia positiva, penso al dislivello in salita che si fa tutto nel primo tratto, fino a monta Autore, poi tanti chilometri ma in discesa e falsopiano. Ottimo mi dico. Scendo da Vallepietra  per rincontrare la palina con i segnavia lasciata il giorno prima. 
Il sentiero è ben segnato e proseguo su asfaltata sempre risalendo il Simbrivio. Per strada sorgenti e acqua che sbuca da tutte le parti, uno spettacolo. La strada asfaltata si trasforma in sterrata che poi si lascia per iniziare la salita in montagna. Qui è impossibile sbagliarsi, la "strada" è un susseguirsi di croci lasciate dai pellegrini di ogni città e paese. In una oretta e mezza arrivo al santuario che già fa caldo. Vado in cerca di una fontanella e ne approfitto per una birra ed un po' di riposo. È qui che mi accorgo di avere un "passeggero" attaccato ad una gamba. Una zecca, presa forse durante la salita, chi lo sa. Comunque la tolgo senza troppo stupirmi, mi è già acaduto in passato. Finisco la birretta e proseguo il mio cammino. Ho imparato una cosa in questo giro, la sacca per l'acqua nello zaino è comoda ma una bottiglietta da mezzo litro in aggiunta è meglio portarla sempre. Al santuario non ho riempito la camelbag perché significava dover svuotare lo zaino per estrarlo e reinserirlo così sono arrivato alla fonte successiva quasi a secco. 
La fonte, che si trova poco al di sotto del monte Autore, Fonte degli Scifi, a distanza di poche decine di metri sembrava secca... mi stavo maledicendo. Poi invece un piccolo rigolo usciva e mi ha fatto fare rifornimento. Una lapide in marmo ne decanta la sua santità per aver dissetato i pellegrini da tempo immemore, quindi presumo non si sia mai seccata. Di li a poco si raggiunge la vetta del monte Autore.
Magnifica la veduta su gran parte del parco e sul vicino monte Tarino. Si riesce a vedere la meta subito successiva, la piana di Camposecco. Attenzione a non sbagliarsi quì, la direzione da prendere non è quella verso Camposecco perché il sentiero continua nella direzione opposta. La salita è finita. Scendendo dalla vetta fare attenzione ai segnavia, pena sbagliarsi ed andare a finire a Monte Livate. 
La discesa è tranquilla ma lunga, giù per il vallone fino alla piana. A circa metà percorso un branco di cinghiali, proprio sul sentiero, mi fa sobbalzare. Scappano appena mi sentono ma si dividono in due gruppi. Il primo gruppo, il più numeroso, scappa sul versante destro mentre l'altra mezza dozzina su quello sinistro. Due voci e riesco a farli ricompattare sullo stesso versante, non mi sembrava il caso di passare in mezzo al gruppo. Arrivo a Camposecco verso le 16:00  molto stanco, il dolore alla gamba destra è tornato e più forte del giorno prima. Vado a vedere il rifugio, che sembra ricostruito almeno per quanto riguarda il tetto. Penso che forse sia il caso di riposare lì fino al giorno dopo ma trovo una sorpresa. Il rifugio in cui tante volte ho dormito, anche in inverno con tanto di neve, è chiuso con un lucchetto.... mah... non ne capisco il senso. Camerata Nuova dista circa due ore ma data la stanchezza ne prevedo almeno tre per me. In quella zona i cellulari non hanno segnale ed io proprio non ce la faccio a pensare di non poter scambiare due parole con qualcuno.
Mi trovavo in una situazione di disagio, più psicologico che fisico e quindi mi faccio forza e vado avanti. Continuo a camminare fino a Camerata Vecchia dove trovo un angoletto carino, piazzo la tenda, mangio e vado a dormire.La mattina successiva scendo a Camerata Nuova con l'intento di abbandonare il progetto iniziale di fare tutto il sentiero Coleman in cinque giorni consecutivi. Il motivo? Non mi stavo godendo il percorso. Forse non era il momento giusto, non so. A  Camerata Nuova incontro una persona, meglio dire un personaggio. Un poeta amante della montagna che ha tirato su un'iniziativa interessante. Merita un post a parte. Abbiamo passato insieme mezza mattinata, molto piacevole e poi mi ha accompagnato a Carsoli per riprendere il treno.








Sentiero Coleman da Subiaco a Vallepietra

Data: 9/08/18
Regione e provincia: Lazio (RM)
Località di partenza: Subiaco
Località di arrivo: Vallepietra
Tempo di percorrenza: 8 ore circa 
Chilometri: 20 circa
Grado di difficoltà: E
Segnaletica:Bianco Rossa.
Cartografia: M. Simbruini edizioni Il Lupo.
Dislivello in salita: 1000 m circa
Accesso stradale: Da Subiaco seguire le indicazioni per i monasteri.


Enrico Coleman fu un pittore che visse nella seconda metà dell'ottocento, uno dei primi naturalisti romani e capostipite della scuola stessa.
Nel 1881 insieme al suo amico Edoardo Martinori, l'allora segretario della sezione CAI di Roma, intraprese un cammino che da Subiaco attraversava il parco dei Simbruini per proseguire in quello dei Lucretili. Il percorso originale non è ben definito ma oggi, in suo onore, ne è stato creato uno che ripercorre in gran parte i sui passi e si snoda tra i due parchi collegando Subiaco a Tivoli.

Era tanto che non prendevo mezzi pubblici ma armato di biglietti e pazienza parto da Avezzano con il treno per proseguire da Mandela in pulman fino a Subiaco, dove inizia l'avventura. 
Il percorso inizia in direzione del bellissimo Monastero di Santa Scolastica. L'idea di una visita è d'obbligo ma viene subito meno. Un prete, tutt'altro che cordiale, dopo avermi chiuso la porta del monastero in faccia , oltretutto a chiave, (forse pensava che sarei entrato con la forza?) mi dice di aspettare la guida. Vabbè, la visita guidata sarebbe troppo lunga, faccio foto e proseguo. Il sentiero, ben segnato, inizia su strada asfaltata che poi diventa sterrata e fiancheggia il fiume Aniene fino ad arrivare sotto il comune di Jenne. Si lascia l'Aniene e si sale al paese (9 km circa). Pausa pranzo e birretta al bar. Fa molto caldo ma la paura dei temporali mi rimette di nuovo in marcia. 
Il tratto successivo, sempre ben segnato, inizia un po' "infrattato". Si passa di fianco a parecchie strutture, stalle o ex stalle, su una traccia stretta e piena di erba, spini e ... cacche fresche. Il sentiero prosegue in salita e la comparsa delle ginestre sta lì a dimostrarcelo. Non è il migliore degli spettacoli che la natura può offrirci ma ha il fascino del selvatico. Il cielo inizia a coprirsi e si sentono i tuoni avvicinarsi, accelero il passo. Dover indossare il poncho in mezzo a quegli spini non sarebbe stato di certo comodo per la progressione. 

Si prosegue svalicando fino ad incontrare il torrente Simbrivio. Il rumore dell'acqua mi rinfranca, non so nemmeno perché, di sicuro la via è più comoda ed in più il temporale sembra avermi schivato. Risalendo lungo l'argine del torrente inizio ad accusare la stanchezza e un dolore dietro il ginocchio della gamba destra. Anche le spalle e la schiena si lamentano, insomma, una chiavica. La ventina di chilometri percorsi si fanno sentire. Arrivo in un'area attrezzata poco prima di Vallepietra all'altezza di una diga dell'ENEL. Esausto decido di fermarmi e piazzare la tenda lì. Avevo finito l'acqua e quindi mi affaccio al laghetto per vedere se è utilizzabile, al massimo la faccio bollire un po'. Di solito non mi fido molto dell'acqua ferma ma a pensarci bene l'acqua del Simbrivio è quella che arriva al rubinetto di casa mia. Faccio per prenderne un po' quando arriva una ragazza accompagnata dai suoi tre cani. Scambiamo due parole e poi pronuncia la parola magica! C'è una fontanella proprio all'ingresso di Vallepietra, ad una quindicina di minuti a piedi. Non essendo l'abitato sul sentiero prestabilito non avevo segnato il luogo di questa fontana. Comunque mi faccio coraggio e in quindic... mezz'ora arrivo a Vallepietra. Acqua freschissima, faccio scorta e zoppicando mi rimetto in marcia. L'idea era di avvicinarmi al santuario della Santissima Trinità dove so di poter piazzare la tenda ma le gambe dicono no. Scopro l'esistenza di un ostello, in paese,


ma forse è chiuso. Vengo a sapere che posso chiamare un cellulare per farmi aprire e così faccio. Non smetterò mai di ringraziare la signora che lo gestisce. Gentilissima mi viene a dare una stanza anche se di solito l'ostello funziona solo su prenotazione e soprattutto in quel momento non era a Vallepietra. Insomma, è venuta apposta. 

Non sarà stato avventuroso ma quella sera doccia e ninne in un vero letto... che spettacolo.















lunedì 23 luglio 2018

M. Cornacchia da Fontana Tricaglio Villavallelonga

Data: 21/07/18
Regione e provincia: Abruzzo (AQ)
Località di partenza: Fontana Tricaglio Villavallelonga ( 1050m )
Località di arrivo: Monte Cornacchia (2007 m)
Tempo di percorrenza: 7 ore circa 
Chilometri: 14 circa
Grado di difficoltà: E
Segnaletica: Rossa, Bianco Rossa, Sbiadita infine Ometti.
Cartografia: Coppo dell'Orso Carta dei sentieri della Vallelonga.
Dislivello in salita: 1300 m circa
Accesso stradale: Oltrepassare Villavallengonga, la Fontana Tricaglio si incontra su strada



Il sentiero parte proprio dal fontanile. Inizialmente non è ben segnalato ma si passa di fianco ad un campo scout e si entra nel bosco di querce.
Qui la segnaletica è migliore (bianco-rossa). Dopo un km circa si arriva ad un pianoro erboso dove, sulla destra, attraversando diagonalmente, si "vede" Fonte Astuni (1200 m). Attenzione a non seguire la sterrata bianca, come ho fatto io, perché non è quello il sentiero. Quello giusto parte proprio dal vascone di Fonte Astuni. Da qui si inizia a salire inesorabilmente nella monotona faggeta. Bella, tanto bella, ma quando finisce? Lo sguardo verso l'alto non porta conforto.
Il percorso è ben segnato e con qualche zig-zag si arriva finalmente a quota 1870, 2 ore, dove ci aspetta il rifugio Coppo Dell'Orso. Il rifugio appartiene al CAI, mi avrebbe fatto piacere vederne l'interno ma la porta è chiusa con un lucchetto.
Adesso lo sguardo può spaziare su questo angolo del Parco forse un po' poco frequentato.
Piccola pausa colazione ed intanto mi guardo intorno. Non vi sono segnavia e la zona è circondata da monti che si equivalgono come altezze, nemmeno le croci di vetta mi aiutano ad individuare la mia meta, ce ne è una su ogni cucuzzolo. Cartina e bussola alla mano mi fanno scoprire che il Cornacchia da dove sono non si vede. 
Parto in direzione di esso e, superato un colle, raggiungo i Tre Confini. Ad indicarlo c'è un paletto di metallo che poi scoprirò essercene altri quasi ad indicare la via da fare. 
Perché poi si chiamano Tre Confini non l'ho capito... vabbè, sono un po' ignorante, rimedierò.
Fare attenzione una volta arrivati qui, consiglio di tirar fuori carta e bussola pena sbagliare monte.
Seguendo la linea di cresta, verso destra, (sinistra orografica) si inizia a vedere la meta. Da qui è facile arrivare. Arrivo sulla cima alle 11:45 circa (4 ore). 
La vetta non ha croce ma solo un pilone prismatico di metallo, cosa che mi ha incuriosito vista l'abbondanza che invece ci circonda. Mi godo il panorama.
Dopo la foto di rito riparto per andare a pranzare a Coppo Dell'orso. 
Da qui, per la stessa via di andata, si prende la tragica discesa, costante e ripida fino a Fontana Tricaglio dove mi aspetta la macchina. Con le ginocchia a pezzi me ne torno a casa.



La traccia ed il profilo altimetrico si riferiscono al percorso di ritorno. Quindi saranno al contrario.





giovedì 19 luglio 2018

Lixada BRS 3000T un fornello a gas ino ino ino

Cercavo un fornelletto a gas per le catucce EN 417, quelle con valvola filettata per capirci. Mi è sempre piaciuto il fornello della MSR, il poket rocket, e quindi mi son fatto un giretto su amazon per vedere prezzi e disponibilità. Come al solito il famoso sito di e-commerce ci mostra un elenco di prodotti simili e così mi è saltato l'occhio su questo fornello di fattura cinese. Il prezzo basso, mi pare intorno ai 18 euro, e le ridottissime dimensioni, mi hanno subito incuriosito anche se son sempre malfidato delle cose troppo piccole e leggere. Comunque l'ho ordinato. Mi son detto; perché non provare? tanto oggi è tutto cinese.
Così dopo quattro giorni è arrivato.

Inizialmente son rimasto scioccato ed anche un po' deluso. Già la confezione, a prima vista, risulta scarna e minimalista, in più il BRS 3000T non è piccolo e leggero, è piccolissimo e leggerissimo!!! Sembra quasi ti si possa rompere in mano per scartarlo dalla confezione.
Il blister (è difficile definirla confezione) contiene sia il fornello che un sacchetto dove riporlo di colore verde brillante (forse per evitare di perderlo date le sue dimensioni)
Una volta scartato, l'aggeggio sta in un pugno di una mano. Il materiale dichiarato sulla confezione è il titanio, questa certo è una buona notizia, soprattutto perché mi fa sperare che non sia proprio proprio una cinesata... cioè lo è ma forse una cinesata curata. Le alette reggipentola sono molto solide una volta bloccate nella loro posizione ed hanno anche una buona apertura. Io ho provato con il pentolino della Trangia 27, che normalmente uso, ed effettivamente coprono una buona porzione del fondo, abbastanza da non rendere precario il tutto.
La prova all'accensione è stata un po' delicata in quanto il rubinetto del gas ha una corsa molto ridotta. O meglio, la corsa del rubinetto è lunga ma tutta la potenza viene erogata nel primo giro e quindi bisogna aprire e chiudere con piccoli movimenti. La potenza è davvero elevata, sulla descrizione dichiarano 2700W e un tempo di 2 minuti e 58 secondi per far bollire un litro d'acqua. La fiamma ha una forma particolare, è obbligata da alcune alette presenti sul bruciatore che le conferiscono una forma elicoidale. Non so a cosa possa servire ma è così. Il consumo dichiarato è di 140 g di gas per ora di utilizzo.
Ovviamente ho fatto una prova consumi, più orientata al suo reale utilizzo, facendo bollire 250 ml di acqua e prolungando l'ebollizione per cinque minuti. Faccio questa prova perché è circa il tempo che ci vuole per farsi una minestrina con pasta all'uovo, cosa che faccio spesso la sera in montagna. Non ho misurato il tempo trascorso fino al primo bollore, sinceramente non mi interessa e poi 250 ml di acqua hanno iniziato a bollire dopo poche decine di secondi. Il consumo di gas dopo questa prova è stato di 11 g (facciamo 10 g per arrotondare).
La prova è stata effettuata all'esterno con una brezza leggera e fiamma regolata a poco più del minimo, il giusto per non farla muovere dal vento.
Una cosa che mi ha fatto molto piacere constatare è che il BRS 3000T montato su una cartuccia da 100 g sta bene sotto la Trangia 27 montata nella sua completezza. Certo, la regolazione del rubinetto gas se ne va a benedire, a meno di non spostare tutto rischiando magari di rovesciare la cena, però è una buona alternativa all'alcol. Specialmente quando vado in giro con la famiglia e porto la Trangia completa. 
In conclusione il fornelletto funziona bene, per quanto lo abbia potuto testare. La vera prova la farò sul campo e sicuramente ne saprò di più.





martedì 10 luglio 2018

M. Crepacuore da Campo Catino

Data: 08/07/18
Regione e provincia: Lazio (FR)
Località di partenza: Campo Catino (1793 m )
Località di arrivo: Monte Crepacuore (1997 m)
Tempo di percorrenza: 4 ore circa Chilometri: 10 circa
Grado di difficoltà: E
Segnaletica: Bianco Rossa e Paletti con frecce
Dislivello in salita: 500m (saliscendi)
Accesso stradale: Da Guarcino seguire indicazioni per Campo Catino




Stamattina di buon ora son partito in compagnia del mio cane alla volta di Campocatino. L'escursione l'ho scelta semplice e corta per poter tornare a casa per l'ora di pranzo. Sveglia alle cinque e partenza da casa per le sei (non ci metto un'ora per prepararmi ma meglio far digerire un po' il cane prima di fargli fare tutte quelle curve in macchina). Tutto liscio fino a Guarcino poi mi sbaglio ed invece di arrivare a Campo Catino mi ritrovo ad Arcinazzo!! Comunque, fatti i 30 chilometri indietro eccoci pronti al parcheggio di Campo Catino. Alle 8 ci mettiamo in marcia, l'aria è frizzantina ed il vento maledettamente fastidioso. Il sentiero inizia ad est e bisogna subito superare la pista da sci che, come potete immaginare, d'estate non è un gran vedere. La prima impettata si fa subito sentire, non tanto per la fatica quanto per il fondo sassoso e scivoloso, inoltre il vento freddo mi da fastidio alle orecchie. Mi accorgo di essermi dimenticato il cappelletto con copriorecchie e così ne improvviso uno con la maglietta di riserva, poco male, pare funzioni. 


Superata la pista da sci il sentiero prosegue praticamente in piano, poco sotto il filo di cresta, fino al raggiungimento della sella di Monte Pozzotello (1940 m). Scendiamo per incontrare l'omonima fonte  dove ci accolgono mucche e soprattutto mosche, tante mosche. Brenda (il cane) ne approfitta per un bagnetto nel fontanile e poi ricominciamo a salire il versante opposto. Si continua in diagonale su mezza costa fino a riconquistare il filo di cresta. Le mosche sembrano averci lasciato in pace. In poco tempo raggiungiamo la cima del Monte Crepacuore  (1997 m) pronti a rifocillarci e goderci il panorama.

Ritorniamo sullo stesso sentiero di andata. C'è la possibilità di fare un anello ma dato uno sguardo alla cartina mi accorgo che in ultimo avremmo dovuto fare un pezzo di asfaltata e non mi andava.


Tornati al fontanile ritroviamo le mosche, tante stavolta. La salita alla sella del Pozzotello fa sudare e questo attira le bestiacce più di prima. Ho invidiato la coda delle mucche per quasi tutta la strada. Ci accompagneranno fino alla macchina.

Il percorso non è difficile ed è ben segnato. Il dislivello non è molto ma di quello bello allenante, le salite vanno affrontate anche a ritorno. E' stata una bella passeggiata su una montagna non tanto frequentata, forse anche snobbata ma che regale delle vedute fantastiche.